Ieri mattina alla notizia della morte di Papa Francesco, si percepiva che, di lì a poco, ci sarebbe stato lo stop del calcio.

I vertici della Lega Calcio si sono affrettati a fermare tutto senza minimamente considerare le conseguenze, non tanto per i giocatori e le società, quanto per i tifosi, in particolare coloro che erano impegnati in trasferte non proprio dietro l’angolo.

 Il caso più emblematico è quello dei tifosi del Bari: 946 km percorsi fino a Bolzano, per sentirsi dire a 90 minuti dal fischio d’inizio: ‘Mi dispiace, è morto il Papa, non si gioca’.

Sfido chiunque, anche il più devoto, a non provare un gesto di rabbia dopo quasi 10 ore di viaggio. Ma ai vertici del potere del Dio Pallone non interessa; bisogna salvare la faccia.

Peccato che siano gli stessi che hanno organizzato la macchina perfetta per arricchire le televisioni con i campionati nel giorno di Pasqua e Pasquetta, senza preoccuparsi della religione.

Forse sarebbe bastato un “minuto di raccoglimentosu tutti i campi, in rispetto del Papa, grande appassionato di calcio e soprattutto per il rispetto di tutte le persone  che hanno sacrificato la Pasquetta e  speso soldi per rimanere ostaggio della decisione di facciata di chi gestisce il calcio, contribuendo ad allontanare la gente dagli stadi.

Le stesse persone che non hanno permesso nemmeno un 'secondo di silenzio' per i 4 ragazzi di Foggia, morti dopo una trasferta. Evidentemente, per i signori del calcio, le morti non sono tutte uguali.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 22 aprile 2025 alle 11:00
Autore: Federico Bresciani
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