Eugenio Corini è stato presentato in conferenza stampa: 

“E’ un piacere conoscervi e spero di poterlo fare in modo ancora più approfonditamente durante un percorso che mi auguro possa essere duraturo. Un saluto va a Cremona e ai tifosi della Cremo: sono molto felice di aver accolto questa grande opportunità che mi è stata concessa. E’ certo che io e il mio staff daremo il massimo per portare la Cremonese il più in alto possibile”.

Che sensazione ha avuto vedendo la Cremonese dall’esterno?
“Ero presente a Cremonese-Spezia, tra l’altro era la partita successiva a una grande vittoria della Cremo a Sassuolo; ero presente perché giustamente quando un allenatore è a casa cerca di valutare, vedere e aggiornarsi sulle diverse realtà anche attraverso il confronto con lo staff. Come ha detto bene prima il direttore, quello passato è stato un percorso molto importante in un campionato difficile, dove la Cremonese è arrivata veramente a un centimetro nella promozione. È partita come sempre con grandi aspettative e spesso quando ti trovi in questa situazione gli avversari tendono a sapere che la prestazione è più importante del risultato: avere un carico diverso da quello che pesa sulle tue spalle può fare la differenza. Come, probabilmente, nella testa il fatto di essere arrivati molto vicini al traguardo ha portato a pensare che sarebbe bastato poco per essere super competitivi anche quest’anno lasciando qualcosa per strada. Ma il potenziale c’è e l’ho notato anche in qualche partita che non è andata bene, dove magari il risultato poteva essere diverso. Ieri, parlando con i giocatori per la prima volta, ho cercato di responsabilizzarli proprio su questo aspetto che per me è fondamentale: avere qualità e caratteristiche importanti non vuol dire automaticamente saper vincere. Per riuscirci ci devi mettere dentro anche tante altre cose. Penso ad esempio alla rabbia agonistica, alla voglia di fare fatica insieme; penso alla consapevolezza che quando ti danno per favorito devi metterci ancora qualcosa in più perché quello che è stato fatto fino ad oggi, nonostante i giocatori siano molto bravi, molto competitivi per la categoria, non è sufficiente e su questo bisogna lavorare. Dobbiamo trasformare questa situazione per far sì che questa forza diventi qualcosa in cui i giocatori si riconoscono, che si riconoscono nella squadra, sapere che questa responsabilità non ti deve schiacciare ma deve essere un punto di forza. Io spesso dico che sentire addosso la pressione di vincere è un privilegio e su questo aspetto dovremo lavorare”.

Il 3-5-2 è apparso un vestito un po’ troppo stretto per questa squadra, come cambierà?
“Io ho sempre grande rispetto per i miei colleghi e su Giovanni (Stroppa, nda) ancora di più perché lo ritengo un allenatore molto preparato che ha fatto un lavoro importante. Questa squadra è stata allenata in certi principi con correttezza e con la volontà di andare a svilupparli in un certo modo. Quando fate questo genere di domande, capisco che bisogna riconoscersi in un sistema tattico ma per me nel calcio c’è un concetto un pochino più evoluto di occupare, liberare spazi, di rendere una squadra dinamica, una squadra che ha voglia di attaccare e che nel momento in cui la palla è in possesso agli avversari c’è una voglia importante di difendere insieme. Sono molti gli aspetti da valutare oltre ai numeri. Io credo che la rosa costruita abbia attitudini e caratteristiche importanti: a volte si può essere un po’ più offensivi, a volte bisogna consolidare qualcosa. Dentro questi concetti creeremo la struttura tattica per me più adeguata a far rendere i giocatori al meglio. Inoltre, in un calcio che prevede i cinque cambi, il 50% dei giocatori di movimento, sarà fondamentale che tutti siano motivati e animati da un grande senso di responsabilità: da chi inizia la partita a chi può finirla. Batto spesso su questo concetto in quanto in un calcio che evolve ritengo questo un aspetto molto importante. Un cambio di 30 minuti fatto bene, con freschezza, modificando una caratteristica a volte ti fa vincere una partita piuttosto che pareggiarla e sulla lunghezza del campionato questo ha un peso specifico molto importante”.

Ovviamente ha avuto poco modo di confrontarsi con i giocatori, ma le chiedo che squadra ha trovato a livello di umore e di testa…
“Il direttore mi aveva spiegato che il gruppo è coeso, che si è sempre allenato con grandi intensità e attenzione, che si è sempre messo a disposizione dall’allenatore: tutto questo lo ritengo un valore. Nel primo allenamento di ieri ho visto ciò che mi era stato raccontato: ho visto un gruppo di ragazzi sicuramente delusi dalla situazione creatasi, ma anche motivati e vogliosi di riprendere un percorso che ci vuole vedere protagonisti. Penso che ci sia, dal punto di vista dei valori umani e delle caratteristiche tecniche, tutto per fare bene. Questa responsabilità deve farci andare più forte, deve portare ad allenarci con più intensità, con più volontà ogni giorno, perché non basta essere un buon professionista. Dentro dobbiamo sentire la spinta al miglioramento e quel fuoco che ti serve per far sì che si possano affrontare le difficoltà sapendo di lasciarsele alle spalle. Il grande punto di miglioramento dovrà essere questo”.

Riallacciandoci alla responsabilità, pensa che l’esperienza di Palermo possa essere stati utile: anche là si sentiva il peso del risultato da raggiungere…
“E’ da qualche anno che faccio l’allenatore e ho una certa esperienza. Penso che sia sempre necessario parametrarsi sugli obiettivi fissati. A Palermo, il primo anno c’era l’obiettivo di consolidare la categoria e siamo arrivati ottavi a pari punti al Venezia, che aveva un budget molto più alto del nostro, dunque, secondo me abbiamo fatto un lavoro importante di costruzione con una proprietà che era appena arrivata. Il secondo anno l’obiettivo era arrivare in zona playoff ed eravamo dentro pienamente in linea. Abbiamo vissuto anche scorci di campionato dove ci siamo trovati molto avanti rispetto a quello e c’era dunque da completare un percorso. Sicuramente c’è tanta pressione e bisogna saperla reggere, per me l’equilibrio diventa fondamentale in questo tipo di situazione e poi il parametro è sempre la qualità complessiva, l’obiettivo che ti determina la società. Qua mi sembra chiaro già dal contratto firmato fino a giugno quale sia l’obiettivo: passa tutto attraverso questo campionato. Su quell’obiettivo ci parametreremo”.

Lei è un esperto conoscitore della Serie B, che ha già vinto a Brescia. Le chiedo che impressione le hanno fatto finora le avversarie…
“La Serie B è uno dei campionati più difficili e complicati d’Europa perché c’è un equilibrio incredibile. L’anno scorso secondo me c’erano 3-4 squadre più dominanti: penso al Parma, penso al Como che comunque ha una proprietà molto importante, al Venezia stesso che aveva fatto la Serie A. Quest’anno il Sassuolo è la squadra che per qualità e caratteristiche mi impressiona. In questo momento c’è un grandissimo equilibrio e noi, di conseguenza, su questo equilibrio abbiamo uno spazio di manovra molto importante. Trenta partite a disposizione sono un mondo. Sicuramente contano la continuità di risultati e la continuità di prestazione e anche la consapevolezza che se una partita ti va male puoi ricostruire da quella dopo. Faccio un esempio: l’anno scorso il Cosenza a 4-5 partite dalla fine rischiava la retrocessione poi ha concluso a un punto dai play-off. La Serie B è veramente incredibile, bisogna saperci stare dentro, non mollare, reggere l’urto di qualche momento negativo, avere una grande sicurezza fino all’ultimo”.

Come si entra nella mentalità di questi giocatori che si trovano di colpo, dopo aver perso la Serie A, al settimo posto in classifica?
“Penso che la testa muova tutto, che creare la mentalità sia fondamentale. Qui sono veramente tutti ottimi professionisti, ma non basta: devi fare qualcosa in più e il mio compito, il mio dovere è stimolare questi aspetti. Se io riuscirò e avrò la volontà di far capire a loro quanto sia importante questo, si creerà la mentalità giusta e troveremo le risorse per uscirne. Sotto questo profilo possiamo crescere e consolidare una rosa che ha qualità importanti”.

Lei, da bresciano, ha fatto un percorso importante a Brescia e sa quanto nel calcio queste dinamiche con i tifosi a volte incidono…
“Da quando ho 17 anni ho avuto la fortuna di diventare un professionista nel calcio, giocando in tantissime squadre importanti e allenandone altrettante. Ho un grande rispetto del mio passato perché ho dato rispetto, ho ricevuto rispetto. Ora sono concentrato su quello che rappresenta oggi per me la Cremonese, che è una grandissima opportunità dove mi piacerebbe creare un percorso di un certo tipo che sarà basato sul mio lavoro, sui risultati che otterrò. È una piazza ricca di blasone che ha tanta passione. Quando sono stato allo “Zini” per assistere alla partita con lo Spezia ho visto che c’è un bellissimo clima allo stadio. Io mi concentro su questo e cercherò di farmi apprezzare per il mio lavoro: sono sicuro che si creerà anche con la tifoseria quell’empatia che per me diventa fondamentale e che nasce dalla reciproca fiducia. Nel mio ruolo è normale a volte essere criticati, però cercherò di spiegare, anche attraverso voi, le mie idee. Ritengo fondamentale il supporto della gente, e qui c’è grande condivisione e una grande voglia di spingere la squadra. Faccio l’esempio dell’anno scorso che per la mia squadra non è finito come avremmo voluto: vincevamo 2-0 a fine primo tempo e la Cremonese era in dieci. I ragazzi hanno reagito in campo e la gente li ha spinti verso una rimonta che sembrava difficile. Quel 2-2 ha dato a noi una botta emotiva e alla Cremonese una spinta incredibile per proseguire il campionato. Questa è la condivisione che voglio creare, l’energia che vorrei creare: noi abbiamo bisogno di loro e dobbiamo dimostrare di meritarci questo supporto. Farò di tutto per far recepire questo messaggio alla squadra”.

Sezione: Primo Piano / Data: Ven 11 ottobre 2024 alle 08:50
Autore: Redazione TuttoCremonese
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